Michail Bakunin
La scienza e la questione vitale della rivoluzione

Opuscoli provvisori – 73
2015, pagine 112
euro 4,00

Bakunin si pone un dilemma fondamentale: dove fermarsi nell’acquisizione della conoscenza? Senza non si può andare verso la rivoluzione, continuando ad acquisirla si corre il rischio di non sapersi dove fermare per dare inizio all’attacco.
Questo non è un problema soltanto individuale, cioè riguardante il singolo rivoluzionario e i mezzi conoscitivi (e pratici) dei quali si deve dotare, ma anche quella grande massa incognita e spesso confusamente avvertita, nel dilagare della sofferenza e della repressione, come pronta a insorgere, salvo poi a rendersi conto che la realtà era tutt’altro che matura.
Se l’ignoranza è di certo un freno per bloccare la rivoluzione, uno strumento di rassegnazione e di ottusità, un potente strumento utilizzato dallo Stato e dalla religione, la cultura è un’arma a doppio taglio. Foggia, di per sé, privilegiati, dottrinari, gente pronta a vendersi al migliore offerente. Dove fermarsi? Quali i confini oltre i quali si travalica nel considerarsi merce in vendita e non più disponibili alla lotta? Non è facile individuare questo confine.
Quello stimolo all’azione, l’incredibile differenza che passa tra il fare e l’agire, tra l’accumulo e il dispendio assoluto, tra il risparmiarsi per il futuro e il mettersi del tutto in gioco, ora e subito, tutto ciò è intuito da Bakunin, che così lascia spazio all’immaginazione del lettore disponibile all’attacco.

A cura di Alfredo M. Bonanno e Santo Calì
Leccaculi e delinquenti Quindici scritti fascisti di cui suggeriamo la rilettura

Opuscoli provvisori – 72
2015, pagine 96
euro 4,00

Poche settimane prima di morire a Segrate, Giangiacomo Feltrinelli fa uscire per la sua casa editrice un grosso volume di scritti fascisti. Pochi giorni dopo per le edizioni Underground di Catania e La Fiaccola di Ragusa esce un opuscolo con alcuni degli scritti contenuti in quel volume. Il nostro scopo era quello di fare conoscere le responsabilità fasciste di alcuni intellettuali e uomini politici, tutti all’epoca ancora viventi (escluso Adriano Tilgher, morto nel 1941), riciclati nell’arca democratica, e di alcuni fascisti, coperti anche loro di un nuovo alone perbenista, eppure a suo tempo compromessi non solo col fascismo ma con la sua versione razzista.

Alfredo M. Bonanno
Contro la coerenza

Opuscoli provvisori – 71
2015, pagine 128
euro 4,00

Compito ingrato quello di risvegliare i dormienti.
E quanto più duro è stato prendere sonno, quanto più dura la lotta per allontanare i fantasmi di ciò che si sarebbe potuto fare e non si è fatto, tanto più astiosa sarà la reazione di chi è disturbato mentre dormiva.
L’anarchismo può benissimo contribuire a tenere buoni tutti coloro che, in questo modo, si mettono la coscienza in pace. L’ideale è salvaguardato, le chiacchiere pure, quindi nulla di nuovo sotto la luna.
La coerenza, cioè la perfetta corrispondenza di quello che si fa con quello che si pensa, pensare da anarchici e fare da anarchici, è una forma molto comune, e molto usata, di mettere a tacere la propria coscienza.
Punzecchiare, come faccio in questo libretto, l’idolo della coerenza è pratica malfamata, quindi in perfetta coerenza con il mio essere malfattore e fuorilegge.
Come ho detto pubblicamente più volte, non sono un architetto o un artista a cui chiedere di rifare la facciata di un palazzo, ma un idraulico in grado di provvedere a sistemare il cesso.
Sogni d’oro ai dormienti.

Raoul Vaneigem
Banalità di base

Opuscoli provvisori – 70
2015, pagine 84
euro 4,00

Ha un senso oggi dare voce ai situazionisti? Penso di sì. Molti dei problemi aperti a suo tempo, sia pure in modelli linguistici ormai datati, sono ancora sul tappeto e corrono il rischio di risultare sempre più incomprensibili se non visti alla luce di qualcosa che viene dal passato. E i situazionisti fanno parte del nostro passato, lo si voglia ammettere oppure no.

Michail Bakunin
Scritto contro Marx

Opuscoli provvisori – 69
2015, pagine 118
euro 4,00

Una volta aveva detto che bisognava separare le grandi capacità analitiche di Marx, la sua preparazione filosofica ed economica, la quale poteva essere utilizzata anche dagli anarchici (invero in questo campo endemicamente carenti) e per il resto lo si poteva mettere tra parentesi. Adesso affronta le trame intestine, le calunnie, le chiacchiere di corridoio, i soppesamenti dietro le quinte, le correnti di potere, le meschinerie personali, e tutto quel bagaglio che in una parola si potrebbe definire come “politica”. Semplicemente politica, l’arte di far fare agli altri quello che questi non vogliono fare. E così scopriamo che Marx, prima ancora di essere filosofo ed economista (la grandezza in questi campi è faccenda opinabile), è un politico, un piccolo uomo, un Talleyrand in sedicesimo, rinchiuso nella cucina di casa sua a rimestare le sue carte sul suo sudicio tavolo, sognando di governare il mondo.
Che il coraggio di Bakunin, finalmente da lui preso a due mani, ci serva da utile strumento per saperci comportare di fronte a tanti fracassoni odierni che del loro antico predecessore non hanno in mano che la bieca ottusità politica.

Alfredo M. Bonanno
Autogestione e distruzione

Opuscoli provvisori – 68
2015, pagine 86
euro 4,00

L’autogestione, intesa nel senso non solo di autogestione della produzione ma anche delle lotte, non è possibile se non a condizione che permanga insignificante, un piccolo e trascurabile esempio, un modello di difficile attuazione su scala appena più ampia, insomma qualcosa che resta lì, in attesa di un accadimento futuro che nel suo verificarsi potrebbe dare significato e pericolosità antistatale all’esperienza limitata e insignificante.
E questo accadimento non è solo una crescita quantitativa delle esperienze autogestionarie, un allargarsi non solo della parte di autodeterminazione e anche delle lotte e dei conflitti sociali che quelle pratiche fanno proprie, ma qualcosa d’altro, qualcosa di qualitativamente diverso.
Ecco, questo qualcosa che dà corpo e significato differente alla parola “autogestione”, è la pura e semplice distruzione della società in cui viviamo.

Sergio Ghirardi
Viaggio nell’arcipelago occidentale

Opuscoli provvisori – 67
2015, 2a ediz., pagine 136
euro 4,00

L’arcipelago su cui si svolge una perigliosa navigazione, quella dell’autore,ma anche del lettore non superficiale, è lo stesso dove anche oggi, dopo trentacinque anni, annaspiamo con difficoltà. Non siamo neppure in grado di misurare, adesso, con approssimazione sufficiente, quali condizioni di deriva ci circondano, come emergere afferrandoci all’egoismo e non lasciandoci imbrogliare da venditori di cravatte in difficoltà issati a governatori dei nostri destini, come guardare senza paura la nostra stessa soggettività che pure urge e non accenna minimamente a darsi una calmata, come scavare nei rapporti di affinità per costruire gli attacchi contro il nemico che sappiamo inderogabili. Oppure no?
Se qualche traccia di un possibile percorso resta nei nostri cuori, spesso nemmeno visibile da occhi resi troppo miopi da infagottamenti d’accatto, possiamo riprendere il filo di un discorso che non ci apparirà, allora, e solo allora, né remoto né sibillino.

Anarchismo e progetto insurrezionale Atti del convegno

Opuscoli provvisori – 66
2015, 2a ediz., pagine 172
euro 4,00

I nuovi lettori, e ve ne sono di talmente “nuovi” da imbarazzare ogni presunzione di prefattore, sono pregati di notare che la parola “insurrezionalista” si trova, in queste pagine, citata tre volte. Due volte per riferirsi a una presunta scelta teorica malatestiana di alcuni anarchici che al di là della soglia della propria biblioteca non hanno che vani ricordi di antiche scaramucce più o meno goliardiche, e una sola volta per parlare propriamente delle tesi relative al progetto insurrezionale. Non è una questione terminologica, ma al contrario si tratta di un problema importante.
Pensiamo che la lettura di questo libretto possa ancora essere utile. Si tratta dei primi passi teorici (e pratici, ma questo è un altro problema). Il discorso che oggi facciamo non è molto diverso.
Gutta cavat lapidem. O, almeno, così ci sembra.

Richard Wagner
L’arte e la rivoluzione

Opuscoli provvisori – 65
2015, pagine 96
euro 4,00

In Wagner non sono mai riuscito a leggere – nella sua musica intendo – quello che vi leggeva Nietzsche, almeno non solo quello. Se c’è qualcosa d’altro del semplice bilanciamento matematico delle corrispondenze e delle dissonanze, nella musica, e questo resta tutto da vedere, l’anelito alla distruzione che dal giovane Bakunin passava al giovane Wagner lo colgo qua e là. E mi chiedo, e non so darmi risposta, se questo anelito passasse al di sopra delle teste dei bevitori di birra, come la corrusca nuvolaglia di una sera d’autunno. Quasi sicuramente di sì.
E poi, l’ignoranza dilagante. Ascoltare Wagner è francamente impresa ardua, meglio limitarsi a tre accordi dell’orecchiabilità popolare, questa non ha necessità di essere ascoltata, è essa che ascolta il nostro immalinconito pulsare delle arterie disfatte dal benessere e dalla cattiva alimentazione.

Alfredo M. Bonanno
Oltrepassamento e superamento

Opuscoli provvisori – 64
2015, pagine 64
euro 4,00

Il problema della qualità non è una questione filosofica, appartiene alla vita e da questa, e dalla ridda selvaggia di urticanti ambasce che ne vengono fuori, trova poi sistemazione e acquietamento nella riflessione.
L’eccesso è un viaggio all’indietro, agli albori del mondo, quando tutto era possibile, e nell’eccesso tutto è possibile, assolutamente tutto. Vive in esso l’oltrepassamento continuo e va avanti verso lidi per me inaccessibili che solo lui conosce, e ancora oltre, zone dove solo il parossismo consente di accedere, dove le tensioni non si possono spezzare perché continuano a tendersi all’infinito senza rispetto alcuno, dove non ci sono parole che aprono nuove vie, perché le vie sono tutte aperte e le parole tutte mute.
Meno che mai sono qui pronto a soffermarmi sulla linea di demarcazione. Non so dove si trovi né, in fondo, l’ho mai cercata. Sono un cieco e non ricordo nemmeno di avere mai avuto occhi per vedere. Eppure lo stesso sono andato oltre. Oltre tutto questo, perfino oltre queste stesse righe che mi sto cucendo addosso come un sudario.

Michail Bakunin
Lettera a Nečaev

Opuscoli provvisori – 63
2015, pagine 90
euro 4,00

Bakunin non si lascia impaurire dai comportamenti a volte più che discutibili che gli uomini vicini a lui mettono in atto. Sa che lo scontro sociale, con un nemico irriducibile, non è una semplice dichiarazione di princìpi. La vicenda del suo rapporto con Nečaev ha dato vita a ipotesi e speculazioni di ogni genere. Ma la concretezza dei fatti è molto più importante di qualsiasi pruriginosa illazione.
La Russia è lontana, sconosciuta per Bakunin che vi manca da quasi trent’anni. Nečaev è un giovane forte e vitale, ha le sue idee, che sono lontanissime da quelle del vecchio rivoluzionario, il quale si accorge subito delle approssimazioni, delle ignoranze, dei gesuitismi e degli imbrogli del nuovo arrivato.
È impressionante non l’ingenuità di quest’ultimo, che non si tratta di ingenuità, ma la sua capacità di guardare oltre, alle qualità recondite di un rivoluzionario, e di certo Nečaev rivoluzionario lo era, e lo dimostrerà fino in fondo, con il suo comportamento nelle segrete della fortezza di Pietro e Paolo. Solo che lo sforzo, e i rischi corsi da Bakunin, non sono stati sufficienti. Nečaev era al di là di qualsiasi discorso fondato sulla coerenza rivoluzionaria.

Pierleone Porcu
Contro la tecnologia nucleare

Opuscoli provvisori – 62
2015, 2a ediz., pagine 80
euro 4,00

Nessuna collaborazione con le varie gamme dello schieramento (apparentemente) contrario e (in sostanza) favorevole allo Stato. Pacifisti, voltagabbana dell’anarchismo con guanti e conto in banca, vetero-tutto in balia di se stessi e delle nostalgie di conquista del potere, facitori di strade alternative alla produzione, sognatori delle violenze di un’ora e di un ritorno a casa con la coda nel solito posto, teorizzatori di combutte politiche (immaginate) transitorie, venditori al dettaglio di titoli nobiliari da incollare ai labari della nuova resistenza. Insomma il solito circo degli oltranzisti a chiacchiere o a violenze senza un progetto e una seria riflessione rivoluzionaria.
E questo circo sta ancora in piedi, e porta in giro per il mondo le sue colorite rappresentazioni. E del progetto che si sarebbe dovuto vedere al di sotto di tanta indignazione o di tanto sferragliare di botti? Poco più di nulla.

Alfredo M. Bonanno
La ragione genera mostri

Opuscoli provvisori – 61
2015, pagine 120
euro 4,00

Ma siamo proprio certi che Goya non si sia sbagliato? È vero che il sonno della ragione genera mostri? oppure è esattamente il contrario? Ma pensate veramente che la macchina della “soluzione finale”, messa a punto dai nazisti, fu realizzata in un momento di distrazione della ragione? E l’insegnamento di Hegel che cosa aveva prodotto? Se il “reale è razionale”, anche una macchina come quella, perfettamente oleata e resa possibile dall’intervento (ben pagato) dei tecnici americani dell’IBM e dall’utilizzo delle schede perforate, non poteva essere altro che un prodotto della ragione. Ma per rendersene conto, e inorridire fin dentro la più piccola vena che gira attorno al nostro cuore di pusillanimi perbenisti, non occorre pensare a milioni di morti. Basta molto di meno, basta poco. L’orrore è proprio nella porta accanto alla nostra.

Alfredo M. Bonanno
La logica dell’“a poco a poco”

Opuscoli provvisori – 60
2013, 2a ediz., pagine 120
euro 4,00

Suggerimenti per il lettore, nessuno. Un piccolo libro che mette il dito sulla piaga che tutti ci fa purulenti, senza misericordia, sul convincimento che tutti manteniamo di essere dalla parte della ragione, di avere ragione, di vivere la nostra quotidiana lotta con la vita sulla capacità logica di scegliere. Ebbene, non c’è questa capacità, non c’è mai stata in nessuno di noi. Andiamo avanti a braccio, navighiamo senza bussola. I migliori danno un’occhiata alle stelle e ne traggono presagi più che orientamenti. I panciuti e i satolli gridano allo scandalo e mostrano, con alterigia oltranzista, le tavole della legge, non quelle del roveto ardente ma quelle della pratica e dell’utile, del dare e del ricevere, insomma faccende da bottegai. E alzano la voce e strillano dalle cattedre e dai giornali, sporcano carta e disturbano le orecchie, ma solo per mettersi il cuore in pace e portare a casa lo stipendio. Che i miei maestri dormano in pace, e i sogni di organizzare il mondo nel migliore dei modi possibile dormano con loro. De profundis.

Michail Bakunin
Dio e lo Stato

Opuscoli provvisori – 59
2013, pagine 120
euro 4,00

Avendo curato l’edizione italiana dell’ottavo volume delle Opere complete di Bakunin, che col titolo L’Impero knut-germanico e la rivoluzione sociale ripristina nella sua integrità l’opera da cui, a suo tempo, fu tratto il presente opuscolo, non avrei dovuto macchiarmi, seguendo l’esortazione di Guillaume, della colpa di fare tornare in vita questa abbreviazione arbitraria. Come parziale ammenda inserisco in calce la nota, riguardante questo problema, pubblicata nel suddetto volume delle Opere complete. Il fatto è che motivi sentimentali mi legano all’edizione che, nel 1966, fu fatta a Catania, dalla stamperia Edigraf, di questo testo, e poi anche per un altro motivo. Trovo queste arbitrarie abbreviazioni e questi tagli assai ben fatti e decisamente utili per una fruizione diretta e meno complessa delle idee portanti di Bakunin, contenute nel più ampio, completo – e comunque indispensabile – testo originale. Che il lettore non se ne abbia a male. Per tutto il resto, le pagine che seguono parlano da sole.

Albert Libertad
Il culto della carogna

Opuscoli provvisori – 58
2013, 3a ediz., pagine 112
euro 4,00

Ancora una volta un opuscoletto rischioso che proponiamo alla lettura. Perché rischioso? Perché potrebbe essere letto come un inno al semplice fare, all’attacco come che sia, ovunque e sempre, in qualsiasi occasione e contro qualsiasi genere di nemico, vicino o lontano, piccolo o grosso, contrassegnato da una colpa specifica o genericamente appartenente ad un ceto sociale particolarmente infame per i compiti che il potere gli affida. Che poi sarebbe lettura legittima se da sola fosse capace di spingere all’azione. Ma non è così. Privandosi del senno logico che sta dietro i semplici fatti: il paralitico che combatte con gli sbirri e muore sulle scalinate di Montmartre, la vicenda diventa “eroica” e, come tale, entra nel fumetto avventuroso che molti amano leggere sognando cataclismi astrali che nulla hanno a che fare con la lotta nella sua realtà. Ecco il rischio: prendere in mano un altro dei tanti appelli al cieco fare per il fare, per trovare una nuova medaglietta da appuntarsi al petto, per dire: c’ero anch’io. L’azione è sposalizio instabile tra pensiero e fare, ma più di tutto è coinvolgimento di se stessi nell’agire, cioè nel trasformare la realtà che ci sta davanti. E questa trasformazione è sempre un nuovo progetto e una nuova realizzazione. Il passato, se ha da dirci qualcosa, non può diventare “una storia”, ma deve impallidire dietro la lettura, offuscarsi per lasciare libero spazio alla coscienza di sé che liberamente decide di attaccare, qui e ora, senza che quella “storia”, anche questa di Libertad, sia altro che un’occasione come un’altra, presto messa da parte e non iconizzata con la meticolosità dell’ortodossia fideista.

Errico Malatesta
Anarchismo e coesistenza politica

Opuscoli provvisori – 57
2013, pagine 80
euro 4,00

Insieme agli altri, compagni di viaggio più o meno in buona fede, per contribuire ad abbattere il nemico? Sulle prime sì, Malatesta lo dice chiaramente, e lo dice anche la pratica insurrezionale, prima di tutto, rivoluzionaria e anarchica poi, se non si vuole dar fiato alle corde del velleitarismo. Però ci sono due ma, ed è bene dirli fuori dai denti. Bisogna avere un progetto insurrezionale, dettagliato per quanto possibile, oltre che la buona volontà e il coraggio necessari ad attaccare gli strumenti nei quali si concretizza il dominio di classe: padroni, polizia, esercito e collaboratori di ogni specie. E poi il secondo ma. Bisogna sapere dove interrompere il viaggio iniziato in concomitanza con le altre forze insurrezionali non anarchiche, quelle con le quali non dobbiamo fare la fine del vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro. Nel linguaggio di Malatesta questo è il problema della coesistenza politica. Oggi si dirà diversamente ma la complessità dei suoi aspetti e la difficoltà di come risolverlo permangono le stesse. I puristi del bel gesto anarchico sono pregati di leccarsi le ferite da qualche altra parte. L’insurrezione, tanto per cominciare, non è una piacevole passeggiata.

“La guerre sociale”
Abbondanza e miseria nelle società primitive

Opuscoli provvisori – 56
2013, pagine 62
euro 4,00

Ambedue presenti, l’abbondanza e la miseria, caratterizzano le società cosiddette primitive. Questo testo documenta agevolmente tale realtà, lontano dai fumi teorici di un’antropologia tutt’ora in corso di liberazione dalle iniziali ipoteche razziste. Forse nulla di ciò, anche se osservato nelle sue pieghe più recondite, può essere veramente utile per la nostra futura, indispensabile, liberazione dalle catene della proprietà e dello sfruttamento. Eppure c’è una piccola luce, una capacità di cui non siamo nemmeno in grado di immaginare la portata liberatoria, quella di godere della propria vita, di non correre avanti e indietro come dissennati soddisfacendo impegni privi di senso, diretti solo a farci sopravvivere tra scadenze, promesse, illusioni e imbrogli. In questo ci deve essere per forza qualcosa di sbagliato. E ciò lo devono ammettere non solo tutti quelli che sentono bruciare le proprie spalle sotto la sferza del padrone, ma perfino gli stessi padroni con il braccio dolorante per l’eccessivo uso della frusta. Non è certo da un documento come questo che si può aspettare una luce su tanto groviglio di inveterati problemi, eppure la sua lettura produce lo stesso un senso di rabbia, di rabbia contro la nostra comodità e la nostra pigrizia. Quando cesseremo di considerarci civilizzati? Quando ci metteremo sotto i piedi le nostre sacrosante verità?

John Zerzan
Musica. Tonalità e totalità

Opuscoli provvisori – 55
2013, pagine 54
euro 4,00

Non è una faccenda di sperimentazione, per rompere il rumore non basta il silenzio, come si è potuto vedere nei fatti, un silenzio fatto di angosciosa attesa, come quello spazio di tempo che passa tra il sibilo e lo scoppio di una bomba. Nel silenzio sta la paura, la paura di essere quello che un meccanismo decisamente più forte di noi sotto molti aspetti vuole che siamo, cadaveri viventi. La prima funzione della musica è l’addormentamento sociale, più ancora di venire percepita come espressione culturale essa è usufruita passivamente come distrazione, come sospensione della coscienza di sé, come passatempo, come filo comune per identificare l’appartenenza di gruppo, insomma qualsiasi cosa che possa far sospendere la preoccupante coscienza critica che minaccia di chiedere continuamente conto della vita che ognuno di noi spende quotidianamente in maniera sconsiderata, della nostra unica vita. Ma questo processo può essere mantenuto solo a condizione che la musica permanga all’interno delle regole tonali, cioè non richieda uno spirito critico sveglio ma possa essere “ascoltata” – non ha importanza in che occasione o con che spirito ricettivo – come un riempitivo della mente, un contenuto che fluisce senza creare problemi, senza dissonanze troppo evidenti quando queste sono ricercate dal musicista – vedi i casi della sperimentazione musicale – l’ascolto cade e il discorso della musica si riduce a un soliloquio del tutto trascurabile. Con buona pace di tutti gli illusi che attendono ancora la liberazione da qualche imprevedibile accordo in do bemolle.

“La banquise”
Per un mondo senza morale

Opuscoli provvisori – 54
2013, pagine 56
euro 4,00

Via le catene. Grande progetto, ma poi? Qui le chiacchiere si ergono come tanti fantasmi di un passato non del tutto scomparso. In effetti gli schiavi, vissuti da sempre alla catena, come possono immaginarsi di riuscire a muoversi liberamente? Ci riescono con fatica. Il campo delle costruzioni utopiche ha ospitato tanti grandi anime in buona fede, ma anche tante animelle in cerca di un rifugio dove andare a nascondere la propria paura di respirare aria libera fuori della tradizionale prigione. Più facile progettare la rivolta, l’insurrezione e perfino la rivoluzione definitiva, quella che bene o male riusciamo a intravedere anche al di là del fuoco delle distruzioni e degli indispensabili massacri dei responsabili del mondo vecchio costretto, dalla nostra azione collettiva e coraggiosamente diversa, ad andare in frantumi. Più difficile quello che viene dopo. Dopo ci sono gli orpelli, le sfumature, i distinguo, i ricordi degli antichi fantasmi che ci menavano al guinzaglio, sostituendosi, di tanto in tanto, alla frusta netta e genuina del torturatore di turno. Le sottigliezze dei metafisici e dei teologi, le grandi idee, i sogni di perfezione, perfino la stessa libertà, adesso concretamente tangibile, deve fare i conti con l’immagine che di essa ci eravamo fatti prima, quando restava un ideale e un sogno per poveri derelitti. In una parola, la morale. E questo piccolo libro è in questa piaga che mette il dito, e stuzzica tessuti ulcerati che anche con tutta la buona volontà di un inguaribile utopista non si possono immaginare del tutto guariti, taumaturgicamente, dall’evento trasformativo della rivoluzione.
 
 

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